giovedì 28 settembre 2017

Ceriscioli fa la punta tra i governatori. In un Paese normale avrebbe il cartellino rosso.

Si piazza a metà classifica, Luca Ceriscioli, nel sondaggio sul gradimento degli amministratori locali condotto da Index Research, subito dietro il collega laziale Zingaretti. È una posizione di media classifica, anche se il numero 10 può trarre in inganno. Ceriscioli non è Totti o Baggio, non stiamo parlando di calcio ma di come si amministra una Regione e il risultato attesta una certa mediocrità. Ma noi sappiamo che Ceriscioli non è un mediocre.
In un Paese normale, Luca Ceriscioli sarebbe fuori dalla classifica, sarebbe già stato espulso, nel dubbio se non sappia giocare al calcio o se giochi troppo scorrettamente. No, non è un mediocre, il Presidente della Regione Marche; è uno che ha fatto, sta facendo e farà un sacco di danni alla sua gente e alla sua terra. Le prove le abbiamo, come fossero la moviola in campo. Basta farsi un giro nelle zone terremotate o ricordarsi delle tante assurdità, come la pista ciclabile che si voleva realizzare coi soldi degli sms solidali, sventata, senza falsa modestia, perché queste pagine hanno pubblicato i verbali di un incontro tra Regione e Comitati, poi ripreso dalle testate nazionali che, guarda caso, hanno dimenticato la fonte.
Eppure il 48,8% degli intervistati, un campione di 800 Marchigiani, si ritiene soddisfatto. Quasi la metà dei Marchigiani, insomma, sta pensando che Ceriscioli stia lavorando bene. Per carità, ognuno è libero di pensare liberamente, ma qui ci sono fatti concreti a dimostrare il contrario. Questo 48.8% di nostri conterranei, ha notizie circa la ricostruzione, la rimozione delle macerie, le strade chiuse e i tanti sprechi di denaro pubblico in corso? Forse, perché, in realtà, il giudizio non si dà sull’operato ma sul tifo di tipo calcistico, e qui va detto che Ceriscioli è davvero una punta, un numero 10.
È abilissimo, il Governatore, a crearsi consenso. Persino tra gli stessi terremotati riesce, se non a essere amato, quantomeno a non essere detestato. I suoi supporter stano facendo un lavoro sottilissimo, infilati in ogni dove, sempre pronti a intervenire in ogni discussione portando al stessa a una tale esasperazione che la gente preferisce non discutere per niente. Predicano la filosofia del volemosebbene e deprecano chi, invece, lamenta e denuncia quello che non va. Spaccano l’opinione pubblica, dividono e, in questo modo, favoriscono il controllo, la diffusione del pensiero unico.
In un Paese normale Ceriscioli si sarebbe già dimesso, di fronte alla sconfitta manifesta e dimostrata dal nulla di fatto in oltre un anno di emergenza. Si sarebbe già dimesso dopo la vergogna della pista ciclabile o dopo l’ignobile storia di Peppina. Avrebbe avuto già cento e più motivi per dimettersi ma non in Italia, paese del calcio, dove ogni cosa diventa un derby e dove ci sono abilissimi manager pronti a gestire il tifo. In quest’ottica è sorprendente che Ceriscioli abbia solo il 48.8% dei consensi. Poteva ottenere molto di più

Luca Craia


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