Si piazza a metà classifica, Luca Ceriscioli, nel sondaggio sul
gradimento degli amministratori locali condotto da Index Research, subito
dietro il collega laziale Zingaretti. È una posizione di media classifica,
anche se il numero 10 può trarre in inganno. Ceriscioli non è Totti o Baggio,
non stiamo parlando di calcio ma di come si amministra una Regione e il risultato
attesta una certa mediocrità. Ma noi sappiamo che Ceriscioli non è un mediocre.
In un Paese normale, Luca Ceriscioli sarebbe fuori dalla classifica,
sarebbe già stato espulso, nel dubbio se non sappia giocare al calcio o se
giochi troppo scorrettamente. No, non è un mediocre, il Presidente della
Regione Marche; è uno che ha fatto, sta facendo e farà un sacco di danni alla
sua gente e alla sua terra. Le prove le abbiamo, come fossero la moviola in
campo. Basta farsi un giro nelle zone terremotate o ricordarsi delle tante
assurdità, come la pista ciclabile che si voleva realizzare coi soldi degli sms
solidali, sventata, senza falsa modestia, perché queste pagine hanno pubblicato
i verbali di un incontro tra Regione e Comitati, poi ripreso dalle testate
nazionali che, guarda caso, hanno dimenticato la fonte.
Eppure il 48,8% degli intervistati, un campione di 800 Marchigiani, si
ritiene soddisfatto. Quasi la metà dei Marchigiani, insomma, sta pensando che
Ceriscioli stia lavorando bene. Per carità, ognuno è libero di pensare
liberamente, ma qui ci sono fatti concreti a dimostrare il contrario. Questo
48.8% di nostri conterranei, ha notizie circa la ricostruzione, la rimozione
delle macerie, le strade chiuse e i tanti sprechi di denaro pubblico in corso?
Forse, perché, in realtà, il giudizio non si dà sull’operato ma sul tifo di
tipo calcistico, e qui va detto che Ceriscioli è davvero una punta, un numero
10.
È abilissimo, il Governatore, a crearsi consenso. Persino tra gli
stessi terremotati riesce, se non a essere amato, quantomeno a non essere
detestato. I suoi supporter stano facendo un lavoro sottilissimo, infilati in
ogni dove, sempre pronti a intervenire in ogni discussione portando al stessa a
una tale esasperazione che la gente preferisce non discutere per niente.
Predicano la filosofia del volemosebbene e deprecano chi, invece, lamenta e
denuncia quello che non va. Spaccano l’opinione pubblica, dividono e, in questo
modo, favoriscono il controllo, la diffusione del pensiero unico.
In un Paese normale Ceriscioli si sarebbe già dimesso, di fronte alla
sconfitta manifesta e dimostrata dal nulla di fatto in oltre un anno di
emergenza. Si sarebbe già dimesso dopo la vergogna della pista ciclabile o dopo
l’ignobile storia di Peppina. Avrebbe avuto già cento e più motivi per
dimettersi ma non in Italia, paese del calcio, dove ogni cosa diventa un derby
e dove ci sono abilissimi manager pronti a gestire il tifo. In quest’ottica è
sorprendente che Ceriscioli abbia solo il 48.8% dei consensi. Poteva ottenere
molto di più
Luca Craia
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