Danni da terremoto. Tanti danni: case crollate, morti, feriti, imprese
chiuse, città distrutte. Il terremoto non ha cessato un minuto di fare danni,
da quel 24 agosto 2016 che ci accingiamo a ricordare. E non mi riferisco alla
terra che continua a tremare, mi riferisco al terremoto umano causato da chi
doveva gestire l’emergenza e, invece, ha approfittato dell’occasione, credo in
malafede, per sbriciolare e disintegrare l’intera società delle aree colpite.
In un anno si è lasciato tutto come stava, facendo finta di agire, creando
invece ogni sorta di impedimento a qualsiasi iniziativa che potesse dare il via
alla vera gestione dell’emergenza. In un anno non si è fatto niente, ma davvero
niente, per risolvere i problemi. Al contrario, si è fatto tantissimo per
causarne di nuovi e, soprattutto, per distruggere un mondo. A un anno di
distanza bisogna ammetterlo: si è fatto un ottimo lavoro e quel mondo è
distrutto.
I paesi delle Marche colpiti dal terremoto non ci sono più. Possiamo
far finta che ci siano ma la realtà, amarissima, è che sono rimasti i fantasmi
dei paesi, con qualche spirito che vaga convinto di poter mantenere la vita per
quelle vie e quelle strade, ma la vita non c’è più, l’hanno portata via. L’hanno
portata via scientemente lavorando sulla disgregazione sociale: hanno deportato
in massa gli abitanti, hanno reso la vita impossibile agli irriducibili che
hanno deciso di restare, hanno fatto finta di intervenire sulla socialità senza
fare nulla se non continuare a disgregare. E ora vediamo una società
polverizzata, in cui la reazione sta svanendo, dispersa tra i rivoli delle
fazioni, delle rivalità, dei piccoli ignobili satrapi locali che fomentano
piccole porzioni cercando di crearsi un futuro politico. Vediamo cittadini
contro altri cittadini, la solidarietà calpestata in nome di una fedeltà al
potentuccio locale che avrà promesso o minacciato.
No, non credo che ci sia
speranza. Gli ultimi accadimenti mi hanno convinto del fatto che non ci sia più nulla
da fare. Perché quando gli stessi cittadini di un paesino di poche anime si
mettono gli uni contro gli altri anziché solidarizzare con chi ha le difficoltà
più grandi, e quelli che non sono d’accordo tacciono per paura, timore,
reverenza, non c’è più speranza. E questo sta accadendo ovunque.
Hanno distrutto la società, ecco da dove parte la desertificazione. Non
ci sono più le comunità, e non solo perché non ci sono più le case, ma perché hanno
saputo agire nell’allontanare la gente dalla gente. Sono stati bravissimi,
hanno persino mandato gente che fingeva di lavorare per i terremotati ma
tesseva trame e metteva gli uni contro gli altri fin dal primo giorno. Dopo un
anno va detto: missione compiuta.
E non è solo colpa, o merito, di Errani che se ne va per tentare,
forse, una carriera politica che certamente potrà premiarlo. La colpa è di
tutti, dei rappresentanti dello Stato nella loro interezza, anche e soprattutto
di quelli al livello più basso, quelli che dovevano tutelare i cittadini e non
lo hanno fatto. Sono convinto che ci aspetta il deserto, e ora chi lo deve
installare sui nostri monti avrà gioco facile, perché non c’è più alcuna
opposizione o, meglio, quella che c’è è rimasta disarmata perché non ha più la
gente.
Sono stati bravi, bisogna ammetterlo. C’è speranza? Non credo. Ma
credo che occorra continuare a provare. Se c’è rimasto solo un uomo convinto di
volere far tornare la vita sulle montagne terremotate, non deve smettere di
lottare. Io, nel mio piccolo, piccolissimo ruolo, posso solo essere al suo
fianco. Ma sono scoraggiato e lo riconosco. E questa debolezza non va bene.
Luca Craia
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