Di chi è la colpa della morte di una ragazza di sedici anni, uccisa da
una pasticca di exstasy? Sua, diranno in molti, e non a torto, perché a sedici
anni dovresti essere cosciente di quello che stai facendo. Degli amici
maggiorenni che glie l’hanno data, dice la nostra società, trovando così il
colpevole più facile. Dello Stato che non legalizza le droghe, dicono gli
intellettuali di sinistra, pensando che sostituire lo Stato alla mafia possa
cambiare qualche cosa, quando lo Stato e la mafia sono già interconnessi.
Io credo che sia impossibile dare una colpa, se non al pusher e a chi
produce questa roba. Oppure bisogna ragionare in termini molto ampli, partendo
dalle famiglie per arrivare alla cultura della nostra epoca. Le famiglie
giocano un ruolo fondamentale nell’educazione dei giovani e dovrebbero
inculcare nei propri figli la repulsione per le sostanze che fanno perdere il
controllo. Ma la cultura della nostra epoca, una cultura che parte dai lontani
anni ’60 e da una generazione che ha fatto della droga una bandiera e dei
paradisi artificiali una filosofia, ha assimilato lo sballo come una parte
normale dell’esistenza. Questa normalità supera la norma e la legge ed è
diventata parte integrante del pensare nostro e dei nostri figli.
Ecco allora il collegamento tra una pasticca assassina e lo spinello
o, se vogliamo, l’alcool stesso. Ritiri di patenti, minacce di condanne
esemplari per chi guida sotto l’effetto di sostanze sono provvedimenti che
suonano vuoti e ipocriti fin quando ci sarà l’accettazione di fatto che lo
sballo è parte integrante della vita, e l’unica cosa da evitare è guidare se si
sta via di testa. Ma andare via di testa è normale, più che tollerabile,
legalizzabile.
Ma serve un colpevole, il colpevole serve sempre. Ed ecco che, a
pagare, saranno i compagni di giochi proibiti della vittima, due ragazzi la cui
colpa principale è quella di essere maggiorenni più che di aver usato sostanze
illegali. Ma di caccia al pusher non si parla. Di caccia all’organizzazione che
sta dietro al pusher nemmeno. Di ragionare sul mondo della notte, del
divertimento a ogni costo, del fare l’alba per forza aiutandosi con l’assunzione
di chissà cosa, non ci passa manco per la testa. E chi lo fa è un bacchettone,
uno che rema contro, un frustrato. Ecco, forse colpevoli lo siamo un po’ tutti.
Luca Craia
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