I buoni sono buoni finchè non si arrabbiano. A volte, per fare
arrabbiare i buoni, basta non essere d’accordo con loro. A volte, per fare
arrabbiare i buoni, basta dire una verità che diverge da quella che loro
pensano sia la verità, da quella che loro sperano sia la verità, da quella che
farebbe loro comodo sia la verità. Non sono così buoni, in fin dei conti, i
buoni. Quando si arrabbiano sanno essere molto cattivi. Lo fanno nella certezza
– tutta loro – di avere ragione, di essere dalla parte giusta del confine, di
essere diversi dagli altri che non sono buoni, sono brutti e cattivi, razzisti
e menzogneri.
Ho un pensiero, in questi giorni in cui qualcuno ha sentito la
necessità di riportarci alla mente i brutti momenti di un anno fa, quando due
uomini si scontrarono comportandosi da incivili, a causa dell’imbecillità di
uno dei due e della reazione scomposta dell’altro, e uno dei due morì, ucciso
dalla mano stupida dell’altro. Un anno fa un intero territorio fu messo alla
gogna, arrivarono giornali, televisioni, arrivarono i potenti del Paese, i
potenti della provincia, i loro lacchè e i loro cani. Vennero tutti attratti
dalla possibilità di avere uno spazio di propaganda gratuito, offerto dal
sangue del morto e dall’idiozia dell’assassino, chiamati dalla sirenica voce di
chi aveva capito come sfruttare a suo favore questa brutta pagina di cronaca.
I fatti veri furono raccontati da chi c’era, ed è a una di quelle
persone, che non citerò per un rispetto dovuto e doveroso dopo il massacro
mediatico subito, che rivolgo il mio pensiero. Prima che questa persona, presente, che
aveva visto tutto, potesse raccontare quanto accaduto davanti ai suoi occhi,
già era stata creata un’altra verità, una verità costruita ad arte, quella
stessa verità che si vuole ancora far passare per vera nonostante la giustizia
abbia stabilito tutt’altro. Quando questa persona raccontò quello che aveva
visto con i suoi stessi occhi, tutto il castello di carte traballanti costruito
sulla verità di comodo traballò. Per non farlo cadere si alzò un coro
aggressivo, cattivo, impalcabile che accusò questa persona di mentire, di
essere mitomane, di voler sovvertire l’ordine del vero e dell’assunto tale per
chissà quali fini. Il coro dei buoni, che vedevano attaccata la loro verità da
un’altra verità, incontestabile perché proveniva da chi c’era mentre loro, i
buoni, non c’erano, non avevano visto. Ma la loro verità, secondo loro, era più
vera.
Questa persona fu massacrata, letteralmente. Sui giornali di tutta
Italia, in televisione, alla radio, soprattutto sui social, dove l’uomo riesce
a staccare se stesso dall’odio che contiene e riversarlo, quest’odio, puro
sulle righe che scrive. Posso solo immaginare la sofferenza di questa persona,
che aveva solo raccontato quello che aveva visto, che non aveva alcun fine nel
raccontare qualcosa di diverso, nessun tornaconto. Un linciaggio mediatico di
una violenza inaudita, inaccettabile, cattiva. E proveniva dai buoni.
La storia ha dimostrato che questa persona diceva la verità, perché ci
furono altre persone che avevano visto a loro volta e raccontarono la stessa
verità. Loro c’erano, i buoni no. È passato un anno, ma nessuno ha chiesto
scusa. È passato un anno e si manifesta contro il razzismo. È legittimo, il
razzismo è un’ingiustizia. Ma grande è stata l’ingiustizia verso questa
persona. Nessuno ha sentito il dovere di manifestare dispiacere, pentimento,
solidarietà umana.
Ecco perché non la cito: non mi fido dei buoni. Potrebbero
ricominciare da capo. Voglio tutelare, nel mio piccolo spazio, questa persona e
darle tutta la mia solidarietà. Voglio scusarmi con lei non perché io abbia
fatto qualcosa ma come uomo, perché l’uomo non può e non deve essere così
cattivo, nemmeno quando ritiene di essere buono. Soprattutto quando vuole
essere buono. Chi ha ipocritamente utilizzato tutto questo e causato questo
dolore probabilmente pagherà. Gli altri, il coro, il branco dei buoni assetati di
sangue, ancora non ha nemmeno preso consapevolezza del male che ha fatto. E
della possibilità che potrà succedere ancora. Anzi, succederà senz’altro.
Luca Craia
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