Il giorno dopo la bella manifestazione di scollegamento totale dalla
realtà registrata a Milano, in cui un discreto numero di persone senza problemi
e senza la minima conoscenza né interesse per i problemi della gente comune, ha
sfilato chiedendo maggiore apertura verso gli stranieri, cosa peraltro
impossibile perché più aperti di così mi sa proprio che non si può, arriva l’ennesimo
attacco vile, sanguinario, disumano alla nostra civiltà. Arrivano i musulmani
e, in nome del loro dio, ammazzano i nostri bambini. Ora, posto che il primo
che si azzarda a fare paragoni tra questo e la religione cattolica e le crociate
e tutte queste stupidaggini ignoranti stavolta lo aggredisco fisicamente, credo
sia evidente che l’attacco è prolungato e non si ferma.
Che si tratti di attacco lo diciamo da tempo, lo dicono i giornalisti,
quegli stessi giornalisti che tra un paio di giorni torneranno a strapparci le
lacrime con qualche triste storia di immigrazione. Il problema è che non ci
difendiamo. Non si fa nulla per difenderci, perché pensare di difenderci coi
servizi di intelligence mi pare presuntuoso e inutile, del resto lo dimostrano
i fatti. E i fatti parlano di un attacco dall’interno, perché il nemico, quello
che ammazza i nostri bambini con bombe piene di chiodi e di biglie di ferro, metodo
amato dai terroristi palestinesi tanto cari ai nostri politici, in modo di ammazzarne in più possibile, sta in
mezzo a noi, vive in mezzo a noi, magari ci sorride per strada e ci fa pure
assaggiare il suo couscous.
Quindi, mentre qualche migliaio di persone scollegate dalla realtà
marcia per trovare in modo di fare entrare quanta più gente possibile nei
nostri Paesi, quelli che già sono qui ci ammazzano allegramente, con la santa benedizione
della sedicente sinistra, delle organizzazioni umanitarie che fanno capo alle
multinazionali, del Santo Padre, dei vari don Vinicio e di tutta quella gente che vive in un altro
pianeta ma detta le regole per il nostro.
Qui abbiamo un problema, un problema molto grosso che ci sta portando
a modificare radicalmente le nostre abitudini, il nostro concetto di libertà,
in definitiva la nostra stessa cultura. Occorre trovare il rimedio e farlo
velocemente. La radice del problema la conosciamo: si chiama Islam. Non diciamo
ipocrisie: il problema è l’Islam, cultura, più che religione, inconciliabile
con la nostra. È vero, ci sono un sacco di musulmani bravi, che cercano di
integrarsi, che “non danno fastidio”. Però, in mezzo a loro, si nascondono
quelli che mettono le bombe con i chiodi dentro, quelli che accoltellano i
poliziotti, quelli che guidano i camion a tutta velocità tra la folla. E non
sono pazzi, disadattati, alienati, incompresi: sono soltanto pericolosi.
PERICOLOSI. E sono nascosti tra di noi.
Se non capiamo questo non risolveremo mai nulla. Qui non si tratta più
nemmeno di chiudere le frontiere, perché il nemico è già dentro. Qui si tratta
di trovare una soluzione per il pericolo islamico che abbiamo già in casa. E se
la maggior parte della gente musulmana non è un pericolo, lo diventa in quanto
è tra loro che si nasconde il pericolo. Come si fa a risolvere questo problema?
Non lo so, non sono io quello che lo deve risolvere. Quello che credo di sapere
è che non è facendo le marcette per l’accoglienza che salveremo la vita ai
bambini.
Luca Craia
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