martedì 23 maggio 2017

Siamo sotto attacco. Che facciamo? Niente. Sfiliamo.



Il giorno dopo la bella manifestazione di scollegamento totale dalla realtà registrata a Milano, in cui un discreto numero di persone senza problemi e senza la minima conoscenza né interesse per i problemi della gente comune, ha sfilato chiedendo maggiore apertura verso gli stranieri, cosa peraltro impossibile perché più aperti di così mi sa proprio che non si può, arriva l’ennesimo attacco vile, sanguinario, disumano alla nostra civiltà. Arrivano i musulmani e, in nome del loro dio, ammazzano i nostri bambini. Ora, posto che il primo che si azzarda a fare paragoni tra questo e la religione cattolica e le crociate e tutte queste stupidaggini ignoranti stavolta lo aggredisco fisicamente, credo sia evidente che l’attacco è prolungato e non si ferma.
Che si tratti di attacco lo diciamo da tempo, lo dicono i giornalisti, quegli stessi giornalisti che tra un paio di giorni torneranno a strapparci le lacrime con qualche triste storia di immigrazione. Il problema è che non ci difendiamo. Non si fa nulla per difenderci, perché pensare di difenderci coi servizi di intelligence mi pare presuntuoso e inutile, del resto lo dimostrano i fatti. E i fatti parlano di un attacco dall’interno, perché il nemico, quello che ammazza i nostri bambini con bombe piene di chiodi e di biglie di ferro, metodo amato dai terroristi palestinesi tanto cari ai nostri politici,  in modo di ammazzarne in più possibile, sta in mezzo a noi, vive in mezzo a noi, magari ci sorride per strada e ci fa pure assaggiare il suo couscous.
Quindi, mentre qualche migliaio di persone scollegate dalla realtà marcia per trovare in modo di fare entrare quanta più gente possibile nei nostri Paesi, quelli che già sono qui ci ammazzano allegramente, con la santa benedizione della sedicente sinistra, delle organizzazioni umanitarie che fanno capo alle multinazionali, del Santo Padre, dei vari don Vinicio e di tutta quella gente che vive in un altro pianeta ma detta le regole per il nostro.
Qui abbiamo un problema, un problema molto grosso che ci sta portando a modificare radicalmente le nostre abitudini, il nostro concetto di libertà, in definitiva la nostra stessa cultura. Occorre trovare il rimedio e farlo velocemente. La radice del problema la conosciamo: si chiama Islam. Non diciamo ipocrisie: il problema è l’Islam, cultura, più che religione, inconciliabile con la nostra. È vero, ci sono un sacco di musulmani bravi, che cercano di integrarsi, che “non danno fastidio”. Però, in mezzo a loro, si nascondono quelli che mettono le bombe con i chiodi dentro, quelli che accoltellano i poliziotti, quelli che guidano i camion a tutta velocità tra la folla. E non sono pazzi, disadattati, alienati, incompresi: sono soltanto pericolosi. PERICOLOSI. E sono nascosti tra di noi.
Se non capiamo questo non risolveremo mai nulla. Qui non si tratta più nemmeno di chiudere le frontiere, perché il nemico è già dentro. Qui si tratta di trovare una soluzione per il pericolo islamico che abbiamo già in casa. E se la maggior parte della gente musulmana non è un pericolo, lo diventa in quanto è tra loro che si nasconde il pericolo. Come si fa a risolvere questo problema? Non lo so, non sono io quello che lo deve risolvere. Quello che credo di sapere è che non è facendo le marcette per l’accoglienza che salveremo la vita ai bambini.

Luca Craia

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