lunedì 15 maggio 2017

Penna San Giovanni, le elezioni, e il destino segnato dell’Italia.



Una volta c’era fervore, in politica. Una volta c’erano donne e uomini che vivevano la passione civile quasi come una missione e si impegnavano, dando il meglio di sé, sacrificando il tempo libero e anche quello dedicato al lavoro, per fare politica, intesa come fare qualcosa per la polis. Mi ricordo le riunioni, le notti passate ad attaccare manifesti elettorali, il clima pre-elettorale, l’ansia del post voto. Mi ricordo le sezioni piene di gente, le discussioni accese, gli scontri tra opposte fazioni. Oggi, di tutto questo, rimane quasi niente.
La notizia non fa ridere, nemmeno sorridere: a Penna San Giovanni, dove erano previste le elezioni amministrative, non si voterà. Arriverà un commissario prefettizio per un anno, e poi si vedrà. Tutto questo non perché ci sia stato chissà quale cataclisma perché si sia manifestata una qualche grave anomalia. Non si voterà semplicemente perché non si è candidato nessuno. Le elezioni amministrative, storicamente più partecipate e sentite di ogni altra elezione democratica, non hanno visto gente disposta a impegnarsi, a spendersi per la collettività. La passione politica e civile è morta.
Penna San Giovanni non è su un altro pianeta. I suoi abitanti non sono extraterrestri, non sono nemmeno così strani, sono gente normalissima come ce n’è in ogni paese italiano. A Penna San Giovanni si è manifestato in maniera evdente un fenomeno che sta affliggendo tutto il Paese: la disaffezione dalla politica. Non è antipolitica, non è protesta, non è nemmeno nausea o delusione: è autentico disinteresse. La gente è talmente disillusa che non se ne cura più. C’è una sensazione di impotenza assoluta, la quasi certezza che, qualsiasi cosa si faccia, non avrà alcun effetto. Non serve più impegnarsi, figuriamoci dare fiducia a qualcuno. La gente non va più nelle sezioni, non partecipa ai dibattiti, agli incontri, sente la politica lontana dalla realtà ed è convinta di non poter farci nulla.
La politica degli ultimi vent’anni, prima con il berlusconismo e le sue pagliacciate e ora con la sfacciata disonestà del Pd e dei suoi alleati, ha portato via ogni volontà di impegnarsi agli Italiani che ora si abbandonano agli eventi con fatalismo, menefreghismo. Qual è il destino di un Paese governato da disonesti corrotti i cui cittadini non hanno più nemmeno la capacità dell’indignazione, della reazione, nemmeno della rabbia naturale che verrebbe come conseguenza a questo stato di cose? È il tramonto di una società. A guardare indietro, facendoci insegnare dalla storia, le civiltà muoiono così, nella decadenza, nella degenerazione dei costumi, nel disinteresse generale. Roma cadde per quello, invasa dai barbari e incapace di governarsi. L’Italia non è Roma, come vorrete che finisca?

Luca Craia

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