mercoledì 10 maggio 2017

Il silenzio sulla Valnerina. A maggio ancora non se ne parla. Altro tassello del progetto di desertificazione.



Un danno pesantissimo, le attività economiche dell’alto Nera, lo stanno subendo dalla chiusura della Statale della Valnerina. Come è noto una frana, all’altezza delle gole, ha interrotto la strada facendo deviare il corso del fiume sulla stessa. Questo è accaduto a ottobre, dopo l’ultima grande scossa, e da allora sono passati sei mesi abbondanti.
In questo frattempo di discorsi se ne sono sentiti tanti, dalle proposte di progettazione di Unicam, ovviamente inascoltate, alle necessità di fantomatici monitoraggi della frana, propedeutici a ogni intervento, che non si sa se siano stati attuati oppure no. Fiumi di parole che si sono riversati nel Nera per poi lasciare spazio a un silenzio assordante. C’è anche una petizione che, fino a oggi, ha raccolto 23.800 firme. Ma anche quella non la scolta nessuno (se volete firmare CLICCATE QUI).
Tenere chiusa e senza alcun intervento l’arteria principale che collega l’Alto Nera all’Umbria e al Lazio sembra essere un ulteriore indizio della volontà, sempre più evidente, di annichilire ogni velleità di ripresa di quest’area, un’area che vive di turismo ma anche di alcune aziende manifatturiere di un certo rilievo per le quali il collegamento è vitale. Inutile spiegare quali possano essere i danni derivanti dalla strada chiusa per attività commerciali e ricettive.
Se non si dà la possibilità alla popolazione di continuare ad avere un reddito in loco, è logico che questa tenda a spostarsi dove può trovare sostentamento economico. I segnali ci sono: molte attività si sono trasferite altrove, prevalentemente sulla costa e, nonostante i buoni propositi, risulta piuttosto difficile pensare a un loro ritorno alla sede originaria. Una comunità senza attività produttive e commerciali, specie se mal collegata col resto del territorio, è ovviamente destinata a sparire. Ecco quindi che si spiega l’immobilismo nella riapertura della Valnerina. Per quanto appaia fantascientifico, la presenza di un disegno per la desertificazione dell’area colpita dal terremoto è sempre più plausibile e, nel mentre si registrano continui indizi a riprova di questo sospetto, nulla si muove per smentirlo. Il terremoto, insomma, potrebbe essere stato un imprevisto acceleratore di un progetto che preesisteva e che ora potrebbe essere realizzato con maggior snellezza.

Luca Craia

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