Un danno pesantissimo, le attività economiche dell’alto Nera, lo
stanno subendo dalla chiusura della Statale della Valnerina. Come è noto una
frana, all’altezza delle gole, ha interrotto la strada facendo deviare il corso
del fiume sulla stessa. Questo è accaduto a ottobre, dopo l’ultima grande
scossa, e da allora sono passati sei mesi abbondanti.
In questo frattempo di discorsi se ne sono sentiti tanti, dalle
proposte di progettazione di Unicam, ovviamente inascoltate, alle necessità di
fantomatici monitoraggi della frana, propedeutici a ogni intervento, che non si
sa se siano stati attuati oppure no. Fiumi di parole che si sono riversati nel
Nera per poi lasciare spazio a un silenzio assordante. C’è anche una petizione
che, fino a oggi, ha raccolto 23.800 firme. Ma anche quella non la scolta
nessuno (se volete firmare CLICCATE QUI).
Tenere chiusa e senza alcun intervento l’arteria principale che
collega l’Alto Nera all’Umbria e al Lazio sembra essere un ulteriore indizio
della volontà, sempre più evidente, di annichilire ogni velleità di ripresa di
quest’area, un’area che vive di turismo ma anche di alcune aziende manifatturiere
di un certo rilievo per le quali il collegamento è vitale. Inutile spiegare
quali possano essere i danni derivanti dalla strada chiusa per attività
commerciali e ricettive.
Se non si dà la possibilità alla popolazione di continuare ad avere un
reddito in loco, è logico che questa tenda a spostarsi dove può trovare
sostentamento economico. I segnali ci sono: molte attività si sono trasferite
altrove, prevalentemente sulla costa e, nonostante i buoni propositi, risulta
piuttosto difficile pensare a un loro ritorno alla sede originaria. Una
comunità senza attività produttive e commerciali, specie se mal collegata col resto
del territorio, è ovviamente destinata a sparire. Ecco quindi che si spiega l’immobilismo
nella riapertura della Valnerina. Per quanto appaia fantascientifico, la
presenza di un disegno per la desertificazione dell’area colpita dal terremoto
è sempre più plausibile e, nel mentre si registrano continui indizi a riprova
di questo sospetto, nulla si muove per smentirlo. Il terremoto, insomma, potrebbe
essere stato un imprevisto acceleratore di un progetto che preesisteva e che
ora potrebbe essere realizzato con maggior snellezza.
Luca Craia
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