venerdì 26 agosto 2016

La cattiveria e la stupidità di Facebook



Gira da qualche giorno su Facebook una foto che ritrae il classico cartello di prezzi del carburante. Chi l’ha messa online dice di averla scattata lungo la Salaria in prossimità delle zone colpite dal terremoto, ed è vero, visto che poi, tra i tanti commenti, è spuntato anche quello della signora che gestisce l’impianto. L’accusa legata alla pubblicazione della foto è che i prezzi risultino esageratamente alti rispetto a quelli normalmente praticati altrove, e che, quindi, ci si stia approfittando in maniera meschina della tragica situazione. Tutto condivisibile, per carità, solo che l’accusa viene mossa al gestore.
Il gestore di un impianto, però, non stabilisce i prezzi alla pompa, che vengono fissati dalle compagnie proprietarie dell’impianto stesso. Il gestore percepisce un aggio su ogni litro di carburante erogato che non è influenzato dal prezzo al litro. Quindi accusare il gestore è ingiusto.
Peccato veniale? Un corno. L’impianto in questione può essere facilmente individuato e con esso la signora che lo gestisce. Con la viralità che ha assunto il post su Facebook è facile pensare che stia montando un odio profondo nei confronti della povera signora, perché montare l’odio su Facebook è diventato lo sport nazionale. E di odio ce ne è tanto, basta guardare i commenti. Vi do il link, per curiosità: 
Il gestore viene ripetutamente insultato, minacciato, accusato ingiustamente e non conta il fatto che abbia approfittato dello spazio dei commenti per giustificarsi: nessuno pare abbia letto o capito cosa viene spiegato. Cosa si è ottenuto in questo modo? Nulla, solo un sacco di “like” che sembrano essere un motivo più che sufficiente per tante persone. Mi spiace profondamente per il gestore dell’impianto, vittima di una situazione tragica a causa del terremoto e vittima della somma cattiveria degli uomini che si ergono a giudici su Facebook, giudici inflessibili e spietati, senza conoscere come funzionano realmente le cose e senza porsi il problema del danno che possono generare all’accusato che, ricordiamolo, è un essere umano con una vita sua.

Luca Craia

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