lunedì 11 gennaio 2016

Lasciamo morire gli Italiani e aiutiamo gli stranieri. Prevenire non si può, curarsi costa.



Una volta, qualche anno fa, la pubblicità ci dava un messaggio chiaro usando lo slogan “prevenire è meglio che curare”. Oggi non lo sento più dire ma è evidente l’inversione di tendenza. Curarsi costa ma ci si guadagna, prevenire costa un’enormità e non ci guadagna nessuno. C’è un dato che va considerato: l’innalzamento dell’aspettativa di vita e l’abbassamento dell’aspettativa di vita sana. L’aspettativa di vita, per gli Italiani, oggi arriva alla veneranda età di 80 anni per le donne e 85 per gli uomini.
Ed è questo che continuano a sbandierarci, con un effetto tranquillizzante amplificato dai media addomesticati. Quello che dimenticano di dire è l’altro dato, tutt’altro che tranquillizzante: l’aspettativa di vita sana sta drasticamente precipitando. Per esempio: se nel 2004 le donne potevano contare di arrivare, in media, a 71 anni in buona salute e gli uomini a 69, oggi un uomo, se è fortunato, arriva a 62 e una donna a 61. Parità tra i sessi ma dato spaventoso. Significa che sì, è possibile vivere più a lungo, ma in malattia, con l’ausilio dei farmaci. E questi farmaci costano sempre di più, all’utente finale e alla collettività.
Questo è indubbiamente dovuto a fattori contingenti e ambientali ma, forse, anche dal progressivo arretramento dell’investimento in prevenzione. Oggi farsi le analisi di routine costa e non tutti possono permetterselo. Lasciamo stare gli esami diagnostici, costosissimi e quasi impossibili da effettuare per tramite della cosiddetta “mutua”.
Si stanno lasciano morire gli Italiani perché farli vivere costa troppo, a meno che non stiano sufficientemente bene da campare con pasticche e gocce, che costano un botto e pesano sulle tasche di tutti. Intanto si danno sussidi, aiuti e contributi a chi non ha mai versato un centesimo di tasse e contributi solo perchè, per qualcuno, è molto più remunerativo. Solidarietà d’accordo, ma prima, se permettete, la salute mia e dei miei cari.

Luca Craia

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