lunedì 30 giugno 2014

Amori impossibili. Dopo 39 anni Antonio cerca ancora la sua Isabel – di Anna Lisa Minutillo




Non sono una persona troppo melensa, chi mi conosce lo sa. Non amo le canzoni d’amore che divulgano melassa a profusione ma in alcuni casi ascolto e cerco di leggere fra le righe dei racconti e di ascoltare l’istinto che mi parla o resta silente a seconda di come e di cosa mi viene raccontato .

In questo caso mi sono fermata ad ascoltare, un po’ perché volevo dare un piccolo appiglio ad un uomo che sta investendo tempo e dedizione nella ricerca di una situazione che nonostante siano passati svariati anni è lì ferma immobile che lo guarda e che gli scava l’anima come solo i sentimenti silenti e reali i sanno fare, ed un po’ anche per dimostrare che gli uomini non sono proprio tutti uguali nonostante la cronaca di questi ultimi tempi di cui mi sono occupata solo pochi giorni fa.

Ma  procediamo con ordine: questo è il racconto di un amore nato 39 anni fa e mai dimenticato, questo è il racconto di una semplice persona, una persona come tante, questo è il racconto di un adolescente che ha questo tormento nel cuore e che vorrebbe pronunciare la frase “ti ho ritrovata” nella sua esistenza.

Antonio Cavarra abitava a Floridia (PA), nel 1975 era un adolescente di 16 anni che si affacciava alla vita e che come tutti gli adolescenti ed aveva un forte entusiasmo e una forte curiosità per le altre culture.

Un pomeriggio si trovava in piazza, nella piazza della sua Floridia insieme ad un amico, si parlava molto nei giorni precedenti di  alcune persone che sarebbero dovute arrivare e fare tappa nella loro terra, la Sicilia, per effettuare  un viaggio in bicicletta come si usa molto in Colombia, e lui ed il suo amico erano in piazza ad attendere l’arrivo del bus che li avrebbe condotti a Floridia.

Nel ’74 queste persone si erano recate in Spagna  e successivamente sarebbero arrivate li in Sicilia, quindi la loro cittadina si stava organizzando da un po’ di giorni per accoglierli, ne parlavano i quotidiani del luogo e l’entusiasmo era abbastanza alto, rappresentavano una bella novità.

Rivive questi attimi con una voce entusiasta Antonio Cavarra intanto che me ne parla ed ho la netta sensazione che il tempo per lui si sia fermato lì.

Questo viaggio vedeva come protagonisti un padre di nome Marcantonio Navas, un figlio di nome Jorghe Navas ed una ragazza ventenne all’epoca, di nome Isabel Navas.

Le famiglie di Floridia con grande senso di ospitalità si erano fatte carico di queste persone per assicurargli vitto ed alloggio ma anche per mostrargli la loro terra.

I cittadini erano informati di questa  maratona ciclistica e si sono organizzati per far sì che queste persone potessero essere accolte nelle loro abitazioni per rendere loro la permanenza meno onerosa.

La famiglia di Antonio Cavarra ospitò proprio Isabel Navas nella loro casa, cedendo la camera di Antonio a questa ragazza ventenne che, insieme a suo padre ed a suo fratello, stava effettuando questa maratona ciclistica in giro per il mondo.

Trascorrevano i giorni e furono compiute tappe che interessavano Palermo, Messina, oltre che Floridia stessa.

Tappe che vedevano protagonista suo fratello Jorghe e che consistevano nel girare in tondo sulle piazze dei vari luoghi nel minor tempo a disposizione, senza fermarsi e senza poter né bere e  nemmeno alimentarsi; Antonio lo aveva sempre accompagnato, incitato e sostenuto durante la loro permanenza.

Intanto qualcosa stava cambiando nello suo sguardo, perché sentiva battere il cuore forte ogni volta che incontrava quello di Isabel.

Erano due adolescenti ed ai richiami di queste capriole del cuore era anche difficile resistere così, giorno dopo giorno, conoscendosi e frequentandosi, videro nascere questa bella storia d’amore pulita ed innocente, così come le grandi storie d’amore devastanti ed intense che accadono a chi si affaccia a questo sentimento per la prima volta nella vita.

Il padre di Isabel snobbava un po’ la famiglia di Antonino nonostante questa gli desse accoglienza e sostegno senza pretendere in cambio nulla, ma i due ragazzi andavano avanti a far crescere ed alimentando questo amore adolescenziale così, senza porsi troppe domande e senza sapere dove e se li avrebbe condotti da qualche parte questa loro passione.

Si amarono in modo intenso Antonio ed Isabe,l superando le barriere di culture differenti, superando il fatto che il loro viaggio iniziato a Bogotà non era ancora giunto a compimento e sicuramente li avrebbe annientati a causa delle mille difficoltà che avrebbero dovuto superare, ma l’amore era più grande di loro e ci si erano tuffati senza tenere conto di nulla.

Antonio fa rivivere le loro passeggiate, i loro sogni, le loro ambizioni così semplicemente che mentre me ne parla lo vedo rincorrere questi momenti, sento anche l’amarezza a tratti della sua voce quando si incrina nel proseguimento del racconto.

Una mattina i Navas decisero di ripartire, il loro viaggio deve proseguire. Qui iniziano le dolenti note perché questo voleva sicuramente dire che i due avrebbero dovuto separarsi, e quando si vive qualcosa di unico e magico la separazione non può essere indolore a quell’età, e 39 anni fa, forse, dietro alla parola amore c’era davvero qualcosa di differente, di più profondo, qualcosa che avrebbe solcato l’anima e la continua a solcare nonostante gli anni trascorsi.

Ripartirono i Navas e risalirono lo stivale in direzione Toscana. Isabel continuava a chiamare Antonio al telefono quasi tutte le sere, per quattro mesi i loro contatti restarono stabili e la distanza continua a non rappresentare un ostacolo alla loro storia.

Antonio era un ragazzo di soli 16 anni però, con la scuola da frequentare, con una famiglia che provvedeva al suo mantenimento e che resasi conto che quella non è una storiella estiva ma che continua ad albergare nel cuore e nella testa del loro figlio, non riusciva a fare a meno del porre ostacolo al sentimento e cercare di riportare con i piedi per terra questo ragazzo sognatore.

Questo lavorio mentale iniziò ad insinuare dubbi nella mente del ragazzo, che proseguì gli studi e che subito dopo la scuola, trovò un lavoro anche per contribuire con la famiglia al suo mantenimento.

Una sera Isabel chiamè Antonio e lui senza  rifletterci molto, con l’impeto di un giovane ragazzo e dopo tutte le pressioni subite in famiglia, dice ad Isabel di voler sospendere quel rapporto con lei. Si interruppe così una storia d’amore che avrebbe voluto invece proseguire, senza una vera motivazione da parte sua, ma solo per non aver avuto la forza ed il coraggio di osare e di sfidare tempo e distanza.

La famiglia di Antonio Cavarra ha continuato a vivere in quella casa fino a 10 anni fa. Vi era ancora sua madre  ed è stata proprio la morte di quest’ultima l’occasione per recarsi nuovamente a Floridia.

Quella casa è tutt’ora abitata da una sorella, il numero di telefono non è mai stato sostituito e la mente di Antonio continua a porsi un mucchio di domande. Isabel potrebbe averlo cercato ancora ma potrebbe anche aver ricevuto della brutte risposte dalla sua famiglia e lei potrebbe essere stata vittima di silenzi che non hanno mai dato la possibilità ad Antonio di saperne nulla, ma soprattutto non hanno mai dato ad Antonio la possibilità di sapere se lei si fosse arresa oppure se abbia continuato a cercarlo esattamente così come da ben 39 anni sta facendo lui.

Mi sono fermata ad ascoltare perché ravvedo la costanza, l’impegno, la volontà di sapere e di chiedere scusa ad una donna che lui non ha avuto il coraggio di continuare ad amare, sì perché Antonio vorrebbe poter riuscire a dire solo questa parola: scusami per non essere riuscito a sfidare le avversità che al tempo vedevo come ostacoli insormontabili.

La vita di Antonio è proseguita certamente, ha abbandonato la Sicilia subito aver conseguito il diploma, è diventato un cittadino del mondo,si è spostato sempre ed ha viaggiato sempre forse anche per inseguire questo sogno di poter riabbracciare la persona che la sua vita l’ha segnata profondamente fino al punto di scegliere a distanza di tanti anni come tappa definitiva la Svizzera.

Ora Antonio vive lì e ci vive perché il sogno di Isabel era proprio questo: studiare medicina e trasferirsi a vivere in Svizzera. Lui è li dal 2007 e in qualche modo sta aspettando la possibilità di riscattarsi e di spiegare ad Isabel le ragioni per cui lui ha interrotto in modo brusco ed a telefono questa storia che lo vede ancora adolescente alla ricerca di un perdono meritato poiché vittima anche lui di imposizioni famigliari che all’epoca non era in grado di contrastare.

Antonio ha 55anni ora e Isabel 59, ma Isabel dov’è?

La sua ricerca prosegue da sempre ed in questo ultimo anno in modo più intenso, facendosi aiutare da radio libere, da qualcuno che ha la volontà di ascoltare questo racconto e farlo in qualche modo proprio regalandolo anche agli altri, sfruttando la piattaforma di fb, insomma in qualunque modo fosse possibile arrivare ad Isabel.

Antonio sa che questa persona potrebbe avere una vita sua, non vuole in alcun modo urtare la sua privacy vuole solo scusarsi per non aver saputo farsi valere come avrebbe dovuto.

Insiste su questo aspetto e quando io gli faccio notare, facendo un po’ l’avvocato del diavolo, che in lei potrebbe essere non restata nessuna traccia di questa relazione lui mi dice: «non importa, la sola cosa che a me interessa è scusarmi e farle sapere quanto ci ho tenuto e ci tengo realmente a lei al punto di aver fatto il suo sogno di vivere in Svizzera il mio e di averlo realizzato comunque per lei».

Non amo la melassa ma amo la coerenza, amo vedere che al mondo esistono ancora della persone che non si arrendono e non smettono di credere nei sogni,amo sapere che chiunque leggerà questa sua testimonianza ne resterà ammirato per la rettitudine con cui la vita trafficata di Antonio si è svolta, amo non dedicare tempo a personaggi noti ma a far diventare protagonisti tutti coloro che realmente arrivano al cuore e ne lasciano traccia proprio come ha fatto Isabel sul cuore di Antonio ha lasciato tracce indelebili che lo hanno reso così bello.

Le ricerche sulla famiglia Navas arrivano fino agli anni ’80, data in cui Marcantonio Navas a bordo di una moto ha attraversato Taiwan nel  1977, invece, dopo la Toscana in cui gli eventi delle maratone ciclistiche erano sponsorizzati dalla Latina Assicurazioni  i tre risultavano essere in Inghliterra da allora nessuna notizia.

Saranno molte le Isabel che si identificheranno in situazioni come questa, in un amore adolescenziale strappato dal cuore con forza,saranno molte le Isabel che non sapranno mai che a volte è la vita a decidere per te, saranno molte le Isabel che non sapranno mai quanto sono rimaste invece presenti nello scorrere della vita di chi le ha tanto amate e forse le ama silenziosamente ancora,ma  la Isabel giusta almeno SCUSAMI deve sentirselo dire e  se questo racconto potrà contribuire a questa cosa riempirà il cuore di tutte le altre Isabel che ancora continuano a credere nella magia dell’amore.

Lo dico ad Antonio alla fine del nostro dialogo: «Non posso prometterti nulla, sono poca cosa io ma se questo potesse aiutare qualcuno a riconoscersi o se chi per essa potesse contribuire a darti un po’ di serenità sarebbe bellissimo!»

 


domenica 29 giugno 2014

Chi ha pagato la porchetta?



Le elezioni sono ormai un ricordo lontano, così come lontano è il ricordo della campagna elettorale e dei tanti impegni, delle tante promesse, dei tanti “farò” pronunciati in quei mesi infuocati di lotta politica per conquistare il voto delle elezioni. Una campagna elettorale, quella montegranarese, in cui sono stati spesi tanti soldi, almeno da quello che si è visto, e dei quali, su queste pagine, chiedemmo conto. Credo, infatti, che sia un diritto e un dovere di ogni cittadino elettore sapere quanto costa una campagna elettorale e, soprattutto, chi la finanzia.
Fermo restando, infatti, che sia legittimo che ogni cittadino possa liberamente elargire denaro a questo o quel candidato sia perche vi si ripone fiducia sia perché si è convinte che, se eletto, tutelerà gli interessi propri o della propria categoria, ritengo che questo debba essere reso noto pubblicamente, in modo tale che l’elettore sappia chi ha finanziato il tal candidato e di chi questi farà gli interessi. Sarebbe opportuno che queste informazioni vengano date prima del voto ma, in mancanza di meglio, possiamo accontentarci anche di averle a posteriori.
Molti candidati, dietro gli interrogativi sollecitati dall’Ape, si impegnarono a fornire il dettaglio delle spese e delle entrate. Ad oggi, però, ancora nulla sappiamo su quanti soldi siano stati spesi per vele, feste, porchette e compagnia bella né, tantomeno, sappiamo da dove questi soldi siano arrivati. Auguriamoci di saperlo almeno prima delle prossime elezioni, in modo tale da potersi regolare di conseguenza. L’Ape continuerà a chiederne conto, su questo si può contare.

Luca Craia

Arkeo: bilancio più che attivo per Veregra Street.




Tiriamo le somme dell’impegno di Arkeo per Veregra Street del 2014, un bilancio molto positivo che ha visto premiato il lavoro dei volontari dell’associazione culturale che hanno cercato di inserire in un contesto particolare come quello del festival iniziative finalizzate alla promozione turistica e all’approfondimento della conoscenza della storia e dei beni culturali del nostro territorio.
L’apertura della Chiesa di Sant’Ugo per cinque giorni ha dato la possibilità a centinaia di persone di ammirare questa meraviglia montegranarese. Un grande e incessante flusso di visitatori ogni sera con un picco nella serata finale che ha visto la “cripta” affollata fino a tarda notte. Sono state raccolte anche offerte importanti che verranno, come sempre, reinvestite in opere di restauro già in programma.
Molto buona anche la risposta alla proposta di tour pomeridiani della città. Ne sono stati fatti due nei due sabati compresi nel festival. Entrambi hanno visto una buona partecipazione, con visitatori montegranaresi e non accompagnati, come sempre, con professionalità dalla nostra Sabina Salusti.
Ora l’impegno continua con la restituzione del Crocifisso di Sant’Ugo restaurato che verrà riportato nella “cripta” sabato 19 luglio con una cerimonia sia religiosa che civile.

Luca Craia

Veregra Street chiude col botto.



Possiamo archiviare, dopo l’ultima “notte bianca”, anche questa edizione del Veregra Street Festival, un’edizione partita un po’ lenta, dando l’impressione che la gente partecipasse, sì, ma con poco entusiasmo e con una vena malinconica. Un’edizione minacciata dalla pioggia, battuta dal vento, per poi riprendersi, prendere quota. Un’edizione che, comunque, ha chiuso col botto, con le ultime due serate che hanno registrato un pieno eccezionale, tanta gente, tanti spettacoli, un paese attivo e dinamico preso d’assalto da gente di ogni dove venuta per divertirsi e fare festa.
Veregra Street è certamente perfettibile, migliorabile, ci sono molti aspetti che fanno discutere, sui quali si può lavorare per perfezionare il festival che, comunque, rimane un qualcosa di cui Montegranaro può e deve andare fiero, un momento in cui la nostra cittadina diventa, almeno per una settimana, capitale del divertimento e della cultura. Bravo, ancora una volta, Giuseppe Nuciari, direttore e organizzatore ormai espertissimo e competente. Bravo soprattutto nello scegliersi una squadra che funziona, a cominciare da quel Francesco Marilungo senza il quale, credo, non si potrebbe organizzare una macchina come quella del Veregra Street.
Si può migliorare, dicevo, soprattutto la parte assimilabile alla sagra, che non deve mai e poi mai prendere il sopravvento sulla connotazione culturale del festival e che, soprattutto, deve trovare un migliore equilibrio tra la presenza dell’associazionismo che fa ristorazione e la ristorazione vera e propria, quella fatta da imprenditori che rischiano, investono e, soprattutto, pagano le tasse. Per il resto, anche questa volta, ottima organizzazione, bellissimi spettacoli, un paese, semel in anno, vivo, vivace, attrattivo. Ora studiamo iniziative perché questo si ripeta nell’arco dell’anno.

Luca Craia

giovedì 26 giugno 2014

Che fine ha fatto il mattone datato di via Palestro?




Mistero: è sparito il mattone datato 1695 che si poteva vedere murato sopra l’uscio di una casa diroccata di via Palestro. Il 22 ottobre 2012 protocollai in Comune una domanda perché tale mattone fosse rimosso e messo al sicuro dai male intenzionati, anche in considerazione che la casa in questione era ed è a rischio crollo. Ovviamente non ebbi risposta. Oggi scopro che il mattone non c’è più. Qualcuno ha provveduto a soddisfare la mia richiesta e a mettere al sicuro il mattone oppure l’abbiamo perduto per sempre?


Luca Craia

mercoledì 25 giugno 2014

Semafori spenti a Veregra Street. La festa annulla il rischio incidenti?



Sarebbe interessante capire perché i semafori dell’incrocio della circonvallazione sono spenti in questi giorni di festa. Eppure le macchine continuano a circolare, eppure chi si immette dalle laterali nella strada principale ha gli stessi rischi degli altri giorni, eppure chi deve entrare in strada da via Umbria, avendo una salita spaventosa da superare e dovendosi fermare proprio in cima a quest’ultima per poi ripartire, continua a bruciare benzina e frizione come in un giorno qualunque. Ma i semafori sono spenti, almeno oggi, ieri no, l’altro ieri si. Perché?

Luca Craia

lunedì 23 giugno 2014

Arkeo porta i turisti alla scoperta delle scarpe, tra Montegranaro, Monte San Giusto e Sant’Elpidio a Mare


Il gruppo guidato da Sabina Salusti di Arkeo accolto a Palazzo Bonafede dai rappresentanti dell'Amministrazione Comunale di Monte San Giusto.

Ancora turisti alla scoperta del nostro territorio portati da Arkeo e da Sabina Salusti. Oggi un pullman di trentasette Bergamaschi è stato accompagnato in un tour sulla calzatura nell’arte e nei secoli da Sabina Salusti, attraversando la Cripta di Sant’Ugo, il Museo della Calzatura di Sant’Elpidio a Mare e il calzaturificio più piccolo delle Marche a Monte San Giusto. A Monte San Giusto il gruppo è stato ricevuto a Palazzo Bonafede dall’assessore al turismo e dall’assessore alla cultura che hanno anche fatto da ciceroni nello splendido palazzo.
È la realizzazione, ancorchè embrionale, di quello che Arkeo si è preposto come obiettivo fin dalla sua nascita: la creazione di una rete territoriale che promuova il territorio, al fine di offrire al visitatore un pacchetto completo e accattivante che, se ogni comune restasse nel proprio ristretto ambito, non potrebbe presentare. L’offerta che Arkeo e Sabina Salusti stanno promuovendo vede diversi tour articolati nel territorio piceno, e in questa offerta stiamo cercando di coinvolgere e far diventare protagoniste le varie amministrazioni comunali. Siamo certi che, così facendo, si possa innescare una nuova economia che porterà ricchezza e farà crescere culturalmente ed economicamente la nostra terra.

Luca Craia
 

domenica 22 giugno 2014

Il giorno dopo la festa il paese è pulito.



Ieri sera Montegranaro era invasa dalla gente. Persone dappertutto, gente che mangiava, beveva, rideva, scherzava, che si godeva gli spettacoli del Veregra Street Festival o, semplicemente, si lasciava trasportare dal flusso della festa. Tanta gente, insomma, nonostante che, contemporaneamente, sulla costa si festeggiavano le bandiere blu e, di conseguenza, la “concorrenza” di altri festeggiamenti era forte.  Ma ormai Veregra Street è diventato qualcosa di davvero importante, che richiama appassionati e curiosi da tutto il territorio e, quindi, nonostante forse una leggera flessione di pubblico considerando che fosse sabato, la prima serata del Festival è stata un successo di pubblico indiscutibile.
Nonostante le tante persone che hanno girato per Montegranaro, però, stamattina la città era pulita a specchio: non c’erano cartacce, bicchieri, bottiglie vuote. Sembrava quasi che non ci fosse stato nulla la sera prima. Ora, non credendo a certi miracoli, mi resta difficile pensare che la gente sia stata tanto educata da non sporcare. Immagino, invece, i nostri operai comunali che, nonostante la giornata di domenica, da stamattina presto si sono adoperati per rendere a Montegranaro un aspetto civile. Lasciatemi plaudire loro, quindi, anche in considerazione dell’organico risicato di cui il nostro comune dispone. Bravi, bel lavoro, continuiamo così.

Luca Craia

Continua la mattanza. E o chiamano amore. Di Anna Lisa Minutillo.



Continua a salire il numero delle ali spezzate, delle  vite interrotte per mano dell’ ”amore”.

Giorni di riflessioni, attimi di turbamento nell’apprendere ciò che mi ruota intorno e il silenzio che mi urla in testa che non trova via di fuga se non quella delle parole che si fermano , che si voltano a guardarmi ..interdette, stupite, ferite, pesanti, urlanti di rabbia, riverse nel cuore e che non ricevono risposte se non quella della libera evasione verso cuori che le leggeranno, le dimenticheranno, le faranno proprie, le cestineranno. Si, perché di parole nei riguardi di questi assurdi femminicidi se ne sono spese e se ne spendono molte.

Preoccupati per una partita finita male, preoccupati di scegliere i luoghi in cui andare a villeggiare, presi dalla prova costume, dai rumori  che avvolgono l’esistenza. Preoccupati di piacere a chi non merita un grammo della nostra attenzione, preoccupati di apparire, preoccupati di tutto l’illusorio e falso che c’è.

La morte indossa la sua maschera più bella , arriva per mano di chi dovrebbe amare, di chi sceglie consapevolmente di legarsi per una vita ad un’altra persona. Forse lo si fa per non sentirsi da meno vivendo in una società che ancor oggi lascia poco spazio a chi opta per scelte differenti, forse lo si fa per uniformarsi alla massa,per avere gli occhi dell’intero paese addosso..

Ci si sposa, a volte, per apparire, per gareggiare, per non sentirsi inferiori agli altri, perché questo sistema insegna a diffidare di chi consapevolmente sceglie di non legarsi perché privilegia la propria libertà individuale.

Ci si sposa pensando che ormai tutto è compiuto e che quello sia l’epilogo di una bella storia d’amore, ma non si pensa che quello in realtà è l’inizio di un viaggio da compiere insieme  e non la conclusione da regalare a quanti si aspettano il finale da romanzetto rosa, quello banale che leggi sonnecchiando e di cui alla fine non ti ricordi nemmeno più.

Categorie di uomini incompiuti, alla ricerca di evasione perché dopo pochi anni si rendono conto che la dimensione a due sta loro stretta,  esattamente come i jeans che indossavano da celibi quando se la tiravano nei locali della movida e non importa se a Milano,  a Palermo o a Firenze. Si uccide e basta perché all’improvviso tutto diventa una forzatura, il sogno meraviglioso sbiadisce, non si vogliono assumere responsabilità, si finisce con il considerare i figli e colei che li ha generati solo un ostacolo da mal sopportare, con cui non si vogliono fare i conti perché da contare ci sono solo le rinunce che il ruolo di marito e padre ti sono richieste.

Non mi è mai piaciuto giudicare, non sono una persona dall’indice da puntare addosso facilmente, ritengo che ognuno di noi abbia una sua storia personale, ricca di altri e bassi, di soddisfazioni e sconfitte.  L’amore, beh l’amore quello no, quello capita, non si cerca, lo si incontra quando meno te lo aspetti, ti rapisce, entra nella tua vita in modo prepotente e, come un uragano, ti eleva alla massima potenza e ti rende sempre sorridente e pago, anche la solita routine si trasforma e i giorni prima sempre uguali lasciano il posto all’incanto, alla gioia di essere vissuti ed in quella persona esplode la più bella delle felicità.

Cosa non funziona più con l’andare del tempo? Cosa accade nella mente umana? Cosa ti fa decidere di diventare giudice e arbitro delle vita altrui, della vita della persona con cui hai scelto di vivere la vita ?…Cosa?

Non trovo risposte , vedo intorno a me schiere di insoddisfatti,  cinquantenni persi che trascinano relazioni pesanti, come se fossero delle palle al piede. Vedo doppiogiochisti incalliti rotolarsi nei letti di qualcun altra e poi mestamente tornare a casa loro la sera, abbracciare figli e moglie (che non sopportano più) come se nulla fosse accaduto. Così cordialmente. La stessa cordialità che usano per entrare in quei letti, la cordialità che poi si perde per strada quando capiscono che, anche avere una doppia vita, richiede impegno e sforzo.

Vedo persone che hanno la capacità di non rinunciare alla loro bella vita, alla loro prigione dorata, solo perché poi mensilmente dovrebbero corrispondere un mantenimento ai loro figli, perché le donne, beh le donne lavorano sia in casa che fuori.

Le donne ricoprono oggi ruoli che a loro stanno stretti, le donne hanno la capacità di dare senza fermarsi solo a guardare, le donne sanno come si fa, le donne…

Si rompe l’incanto esattamente quando la personalità, che prima amavano tanto, emerge perché stanca di essere repressa e sottomessa ed allora la barbie da portare a spasso e gli stessi figli che iniziano a stare stretti, come le loro mamme, e così in men che non si dica si decide di fare piazza pulita di tutto ciò.

Inconcepibile la freddezza, il non pentimento, il senso di schifo anche, che la vista di tanto sangue dovrebbe arrecare, ci si libera di tutto e per una sera,  si per una sera soltanto, si assapora il gusto della tanto agognata libertà, bevendosi una bella birretta e restando a guardare altri ventidue simili che corrono dietro ad una palla , così come se niente fosse.

La freddezza, il distacco, la codardia, la brutalità, l’impassibilità, la normale arroganza di chi ritiene di aver compiuto un atto giusto, questo mi destabilizza.

Essere portatori di distruzione e morte come se fosse un vanto, un qualcosa che inorgoglisce la coscienza, come se d’un tratto non vi fossero più ricordi da mantenere vivi, come se quella non fosse più la loro famiglia, la loro storia, un pezzo della loro vita , come se non vi fossero altri sistemi al mondo per tornare a gestirsi.

Sembra quasi sia diventato una sorta di incubatrice il matrimonio,una sorta di luogo off limits  dove si continua a crescere a maturare e poi quando ci si sente pronti per spiccare il volo si adducono scuse strane e vigliaccamente si decide di resettare tutto senza comprendere che quelle che si lasciano a terra con le gole sgozzate,con corpi martoriati da fendenti possenti e voluti,sono le stesse donne che tanto si sosteneva di amare e che hanno generato vite,le vite che sono servite solo ad avere le conferme di essere uomini.

Ci si chiede perché vi sia tanta paura dell’innamorasi ancora,ci si chiede come mai non ci si lasci andare alle emozioni,ci si chiede perché chi lo fa debba fare questa misera fine,ci si chiede perché si stia meglio da soli quando basterebbe semplicemente dire :”non ti amo più”e civilmente percorrere cammini differenti.

Io mi chiedo se persone così in effetti abbiamo mai amato qualcuno o se continuino solo ad amare se stessi prima di ogni altra cosa,mi chiedo come mai vi sia tanta aridità nell’animo,mi chiedo se vi è ancora qualcuno che un’anima la possegga realmente,mi chiedo un mucchio di cose e non riesco a dare risposte perché l’amore dovrebbe essere molto più semplice di così.

Mi chiedo dove sta di casa il cuore per alcuni,mi chiedo come si faccia a continuare nelle farse quotidiane a cui assistiamo sgomenti e senza nemmeno la forza di commentare perché privare qualcuno della vita non può passare come atto semplice e da dimenticare velocemente.

Quando non si ha il coraggio si armano mani altrui,si agisce per interposta persona ,si usano altre armi e qualcuna sopravvive deturpata,ferita fisicamente e nell’animo,si ricorre ad usi e costumi di altre popolazioni,quelle popolazioni che gli stessi fanno fatica ad accettare fra loro,si prendono gli aspetti peggiori delle altre culture e li si esaltano alla massima potenza ,così per sempre chi viene deturpato guardandosi allo specchio si ricorderà del male subito,e vivrà portando addosso un marchio così come si fa per gli animali,un marchio di appartenenza che priverà di appartenere ad altre persone perché se è già difficile  relazionare  con qualcuno avendo un aspetto gradevole figuriamoci ridotti in alcune condizioni.

Questo forse spaventa, questo forse fa a pugni ed ogni giorno sbatta in faccia i limiti che ancora molti uomini possiedono. Le donne hanno dimostrato e dimostrano comunque coraggio,non si arrendono e molte volte perdonano i gesti compiuti se non riescono a perdonare la persona che li ha causati.

Le donne sanno sempre come si fa e questo da un tremendo fastidio,le donne riescono a sopravvivere anche quando vengono abbandonate e questo non deve essere per alcuni,si devono debellare come se fossero una malattia infettiva,non va bene che riescano ad andare avanti senza una guida e questo lo sostengono coloro che le donne le hanno sempre usate come guida,non riconoscendo loro nulla ,comportandosi come sanguisughe a cui una volta succhiata la linfa vitale si deve dare il colpo di grazia per annientarle definitivamente .

Non vorrei  mai più leggere e sapere di situazioni come queste,non vorrei mai più dover invitare alla cautela nell’amore tutto ciò fa paura poiché i sentimenti positivi non dovrebbero mai essere messi in gabbia e perché sarà l’amore a salvarlo questo mondo.

Non voglio generalizzare ,non voglio sollevare attacchi o offese,non voglio cadere nella trappola del facile giudizio,non voglio dover  temere quando rientro a casa la sera,non voglio pensare che dietro ad ogni uomo vi sia nascosta una persona da temere e non da amare,non voglio vedere più lacrime di dolore,ma so che questa mattanza non si arresterà facilmente,e so che forse non vi è nulla da capire,so che forse chi non ama gli altri dovrebbe decidere di restare da solo per evitare frustrazione,acredine,insoddisfazione,rabbia celata dietro a falsi sorrisi,infondo si può sempre scegliere nella vita e dover subire una vita a due quando non se ne ha la volontà è meglio evitarlo se alla fine i risultati sono quelli  con cui dobbiamo convivere.

Se non si ha voglia di amare e di investire ,se non si è pronti per queste forme di condivisione,se non si ha la volontà di viversi e di vivere l’altro in tutte le sue sfaccettature è meglio non tuffarsi dentro a recinti che alla fine siamo noi stessi a costruirci.

Non dovrebbe essere così,la storia della letteratura,dell’arte,della musica,della poesia narra gli amori è basata sull’amore una parola abusata così come abusate sono le vite di alcune donne che hanno la sola colpa di amare .

Non pieghiamoci ad un mondo arido di sentimenti ma non smettiamo mai di osservare l’oggetto dei nostri sentimenti,non siamo bambole di pezza da lasciare riverse su un freddo pavimento ,siamo esseri raziocinanti,vivi,degni di tutto il rispetto che ci è da sempre stato negato,facciamo in modo che la nostra vita non diventi merce di scambio da barattare perché chi uccide i sogni potrebbe uccidere anche noi e questo non deve accadere …non più!



 

giovedì 19 giugno 2014

Parcheggi selvaggi nel centro storico: pericolosi anche per la pubblica incolumità



La foto che vedete è stata scattata stamattina in via Don Minzoni, l’unica via di uscita carrabile dal centro storico. La Volkswagen nera sulla sinistra è parcheggiata in quella maniera assurda da due giorni, è venuta la Polizia Municipale ma nulla ha potuto. Tale vettura blocca il transito in maniera quasi totale. Ieri una macchina della Croce Gialla che trasportava un malato soggetto a cure domiciliari è riuscita a passare dopo innumerevoli manovre perdendo un sacco di tempo. Immaginate se dovesse passare un’ambulanza per un’emergenza.
Eppure non si può fare nulla contro il cittadino che ha parcheggiato così. Nel centro storico non esiste una segnaletica che regoli la sosta, per cui quasi tutte le vetture parcheggiate, pur non arrecando disturbo, potrebbero risultare in divieto di sosta. È per questo che non si è potuti interventire contro questo automobilista scriteriato: fare la multa a lui equivale a farla a metà dei residenti nel centro storico.
Occorre quindi predisporre una segnaletica che regoli la sosta in maniera adeguata, derogando laddove necessario alle norme del codice in considerazione delle peculiarità del quartiere. La segnaletica dovrebbe garantire il transito e dovrebbe insegnare agli indisciplinati quello che il buon senso da solo non riesce. Più volte ho sollecitato le vecchie amministrazioni su questo tema: speriamo che la nuova si dimostri più sensibile.

Luca Craia

Bilanci che fanno esultare e vergogne dimenticate



Mah, io non capisco. Personalmente, quando mi capita di fare una figuraccia, cerco con cura di evitare l’argomento, di non riportarla alla memoria, cerco, in sostanza, di far lavorare l’oblio. L’ultimo ex sindaco di Montegranaro, invece, nonostante lo smacco del buco nelle casse comunali, nonostante gli enormi debiti fuori bilancio venuti alla luce negli ultimi mesi, debiti che, in realtà, gli hanno fatto perdere le elezioni molto più di quanto non abbia fatto il suo ex padre putativo Basso e la spocchia di alcuni ex assessori che si è portato dietro, continua a vantarsi di quanto la sua amministrazione sia stata brava a far quadrare i conti.
E in realtà ha anche ragione: il bilancio si riferisce all’operato della sua giunta ed è vero che è un bilancio positivo. Infatti i debiti che stanno sconquassando le casse del Comune si chiamano, appunto, fuori bilancio in quanto nel bilancio non figurano. Il bilancio è, quindi, un bilancio attivo sennonché poi sono venute fuori magagne stratosferiche. Lodarsi, quindi, per essere stati bravi a fare le addizioni e le sottrazioni mentre i fatti hanno dimostrato che non lo si è stati affatto nel fare una politica oculata con la richiesta diligenza del buon padre di famiglia mi pare un curioso fenomeno di autolesionismo.
Io avrei evitato con cura, ripeto, l’argomento bilancio, conti e affini. Ma, si sa, la gente ha scarsa memoria e, soprattutto, in politica fa tifo calcistico quando non se ne occupa affatto, le quali due cose comportano, come effetto, la possibilità di dire tutto e il contrario di tutto senza dover temere smentite. Per cui ci sta anche che Gismondi si autocelebri come ottimo redattore di bilanci. Quello che sta fuori dal bilancio, però, lo pagheremo tutti.

Luca Craia

lunedì 16 giugno 2014

Ucraina: guerra tra economie. E muoiono gli innocenti



C’è l’economia russa, basata su rapporti mafiosi, equilibri di potere fondati su meccanismi che ancora si riferiscono all’antica Unione Sovietica, traffici la cui liceità  è quasi indimostrabile, una potenza economica che sopravvive grazie ai muscoli e grazie al ricatto, specie quello fondato sulla fornitura di energia, di gas. C’è poi l’economia cosiddetta occidentale, quella della globalizzazione sfrenata, quella che decide della vita e della morte dei popoli – e delle persone – come se parlasse di quante pecore mandare al macello per Pasqua, quella che si inventa le guerre per rilanciare i mercati e ammazza dittatori solo per crearne di nuovi. In mezzo c’è un Paese che si chiama Ucraina, un paese che fa da unico sbocco al mare occidentale per la Russia, un Paese sul cui suolo passa tutto il gas che proviene da quest’ultima e alimenta l’Europa. Poi capita che l’Ucraina decide secondo la propria sovranità e scoppia il finimondo.
Un finimondo, però, di cui non si parla. Si, per carità, i nostri telegiornali ci vendono notizie preconfezionate, facendoci temere per il prossimo inverno, per il prezzo dell’energia che salirà, ci dipingono i filo-russi come criminali e glissano sui governativi ucraini che, invece, sono solo leggermente nazisti che utilizzano metodi nazisti. L’Ucraina ha deciso secondo diritto, se vogliamo, cosa fare sul proprio suolo. Ma non è così semplice. Non si può pensare che la Russia lasci stare una situazione che la porta a chiudersi dentro sul lato occidentale. Non si può nemmeno pensare che l’occidente non colga l’occasione per mettere lo zampino nel cuore dell’ex URSS.
Così scoppia una guerra, una guerra che sta mietendo vittime civili in numeri spaventosi, che sta producendo atrocità inimmaginabili ma che, a noi occidentali, non vengono raccontate. Come si risolve la questione? Col buon senso, senza calcolatrice, lasciando fuori i calcoli economici dal raziocinio della trattativa. Lo so che non si può: viviamo nel mondo che depone e fa impiccare Saddam Hussein raccontando fandonie su armi di distruzione di massa inesistenti, un mondo che fa trucidare Gheddafi e lascia cadere nella guerra civile tutto il Maghreb. Il nostro è un mondo che sta facendo i calcoli sul gas, non su quanti morti questa guerra idiota sta facendo, non su quanti bambini vengono ammazzati in nome delle due economie che si fronteggiano lungo il confine ucraino.

Luca Craia

venerdì 13 giugno 2014

Teatri di Palermo. incontro tra le parti, Zappala’ torna a nutrirsi – di Anna Lisa Minutillo


Rosario Crocetta

Due giorni fa  vi ho raccontato la vicenda degli artisti e delle maestranze dei teatri palermitani che si sono dovuti organizzare con un presidio permanente dinnanzi all’Assessorato alla Cultura di Palermo .

La loro protesta civile e portatrice di cultura diffusa a tutta la cittadinanza ha visto la partecipazione di molti cittadini, di personalità di rilevo ed anche di artisti popolari a livello regionale che hanno portato i loro spettacoli  come dimostrazione che ci vuole ben altro per impedire alla cultura di viaggiare libera attraverso gli occhi di chi non si limita a guardare, ma vede ciò che si sta cercando di fare con le nostre vite.

Oggi, nel pomeriggio, dopo i molti tentativi andati a vuoto da parte degli artisti di incontrare l’Assessore alla cultura Stancheris, è avvenuto a Palazzo Reale un incontro fra i gestori dei vari teatri coinvolti ed il presidente della Regione Crocetta, il quale si è detto ben disposto ad iniziare a ridistribuire i fondi i che sono già stati anticipati dai gestori  stessi per gli anni 2012/2013 .

Il Presidente Crocetta ha anche personalmente invitato Franco Zappalà a sospendere lo sciopero della fame che portava avanti da ben sei giorni ormai ed ha dato loro positive rassicurazioni.

Seguirà un ulteriore incontro giovedì 12 Giugno nel quale verranno discusse e decise le modalità per elargire quanto dovuto.

Strano dover riscontare la mancanza di partecipazione dell’Assessore Stancheris, così come strano è stato vedere gli  inviti ad un incontro chiarificatore con gli artisti, i gestori di teatro, sempre rifiutato nei giorni scorsi, strano dover riscontrare la presenza della stessa invece oggi nella sede dell’Assessorato alla Cultura proprio dove fino a poche ore prima vi era  la presenza di numerosi artisti.

Demandare e far interagire con queste persone un giovane segretario trentenne a digiuno degli argomenti di cui vi era la necessità di  parlare, con lei diciamo che non è propriamente il modo per dimostrasi attenti e presenti.

Non si può fare a meno di  notare come in questo paese ci si debba sempre mettere nella condizione di alzare la voce per essere ascoltati.

Non si può fare a meno di notare che ci sono persone che amano il proprio lavoro al punto da dedicarsi completamente ad esso e lottando per difenderne la sopravvivenza anche mettendo a rischio la propria salute come ha fatto Franco Zappalà, portando avanti questo presidio e rinunciando ad alimentarsi per una settimana, che forse per qualcuno sarà poca cosa, ma non lo è affatto per chi il lavoro se lo suda e lo stipendio se lo guadagna sacrificando la sua vita per dare spazio a parole, emozioni, sentimenti, stati d’animo tutte cose che oggi non sono più di moda ma che albergano in ognuno di noi. Se solo sapessimo guardare meglio dentro noi stessi e smettessimo di provare vergogna per dimostrare le cose buone che ancora esistono.

Si stanno spostando le nuvole su Palermo stasera, e si sta tirando un sospiro di sollievo intanto che si smonta il presidio e si ripongono le strutture che si erano costruite per rendere la permanenza accettabile.

Si mettono via gli oggetti ma non i pensieri, le idee, le volontà di persone che si sono ritrovate oltre che come artisti come persone, si sono stretti in un abbraccio solidale che li ha uniti nelle loro differenze e resi sicuramente migliori.

Si mettono via canzoni e luci, si spengono i riflettori fisici ma non quelli che ci vedranno vigili continuare per assistere alla svolta positiva di un mondo che se dovesse scomparire, porterebbe con sé la possibilità di rendere tutti noi essere più sensibili ed attenti e dato il momento in cui viviamo non possiamo di certo permetterci che ciò accada ed in modo indisturbato anche.

Un invito a continuare a regalare sogni a tutti noi ed a non smettere di prendersi cura dell’anima perché ne abbiamo davvero bisogno.


Frana di viale Gramsci: responsabilità e monito



Che il dissesto della scarpata di viale Gramsci sarebbe diventato il Problema con la P maiuscola per l’amministrazione comunale appena insediata era già evidente prima ancora che questa si insediasse, prima ancora che si votasse, se vogliamo. Oggi che sappiamo anche i numeri, da un punto di vista economico, con i quali la frana andrà a gravare sul bilancio comunale e, di conseguenza, sulle tasche dei cittadini ci possiamo rendere conto che siamo di fronte ad una situazione forse mai verificatasi prima a Montegranaro, un’ecatombe finanziaria di gran lunga più grave della pur grave questione dei debiti fuori bilancio che ha fatto da ago della bilancia per la campagna elettorale. Sappiamo che sono allo studio soluzioni percorribili per non andare a disintegrare ogni programmazione e investimento futuro, ciononostante la situazione è estremamente preoccupante per urgenza e costi.
Trovare le responsabilità non è dietrologico: serve ad evitare che, in futuro, vadano a verificarsi circostanze analoghe. Il primo dubbio che si possa avere, e in molti lo avemmo già all’epoca, è circa l’opportunità dell’opera di “pulitura” della scarpata effettuata un paio di anni fa. Un’opera, si ricorderà, estremamente radicale che estirpò tutta la vegetazione spontanea nata lungo il dirupo. In molti, dicevamo, allora ci chiedemmo se questo non avrebbe portato conseguenze sulla tenuta stessa della scarpata. E la scarpata non ha tenuto, chissà se anche per questo motivo.
Si tratta, comunque, di terra da riporto. Chi ha qualche anno in più ricorderà che il limite del viale era molto più arretrato rispetto a oggi e che, nei primissimi anni ’80, si ampliò la larghezza del viale riportando grossi quantitativi di terreno e detriti. La domanda, ora, è questa: era opportuno costruire sopra tutto l’arredo urbano dell’attuale giardino? I calcoli fatti erano esatti?
Non sono certamente alla ricerca di un colpevole, semmai mi sto chiedendo se non si sia commesso qualche errore in passato remoto o recente. Individuare l’errore, ripeto, serve o dovrebbe servire a non commetterlo più in futuro. Credo che l’amministrazione comunale dovrebbe adoperarsi anche per questo, oltre che per sanare con la massima sollecitudine questa emergenza che ha già privato Montegranaro di uno e forse del principale luogo di aggregazione cittadina.

Luca Craia

giovedì 12 giugno 2014

Filastrocca Lunatica

Luna crescente
Luna calante
Luna pacifica
Luna accecante
Luna amichevole
Luna estroversa
Luna gentile
Luna perversa
Luna che illumini
gente inguaiata
Luna che spingi
una notte infuocata
Luna che tocchi
la pelle depressa
Luna distante
Luna convessa
Luna che guardi
valigie disfatte
Luna che lesta
nascondi ciabatte
Luna sinistra
Luna ladrona
Luna negli occhi
dell'uomo in poltrona
Luna vorace
Luna di vetro
Luna davanti
Luna di dietro
Luna capace
di gravi pensieri
Luna fautrice
di rossi e di neri
Luna gioiosa
Luna isolata
Luna che specchia
una crapa pelata
Luna che splendi
nel cielo profondo
La stessa Luce
ovunque nel mondo
Luna accompagni
i miei sogni leggeri
per risvegliarmi
nell'oggi di ieri.

mercoledì 11 giugno 2014

A ottimo punto il restauro di SS.Filippo e Giacomo. Presto la riapertura.


Le campane della chiesa dei SS.Filippo e Giacomo

Procedono speditamente i lavori di restauro della chiesa priorale dei SS.Filippo e Giacomo, uno dei luoghi simbolo della Montegranaro storica, splendido esempio di barocco settecentesco finemente decorata a tempera. La chiesa rischiava di crollare e solo l’intervento coraggioso del parroco Don Umberto Eleonori ha scongiurato che il tetto implodesse sulla struttura. È stati, infatti, acceso un cospicuo finanziamento che, unitamente a fondi derivanti dall’otto per mille della Chiesa Cattolica, hanno permesso di intervenire con una ristrutturazione ad arte e un restauro parziale dei decori.
Ora lo stabile risulta sicuro, il tetto è stato completamente rifatto e rinforzato con travature in acciaio. Si stanno ultimando gli impianti interni mentre il restauro pittorico della volta è pressoché ultimato. È presto per fornire una data certa per la riapertura ma sicuramente non ci sarà ancora da attendere molto perché i Montegranaresi possano tornare nella loro amata chiesa del Priore.

Luca Craia

martedì 10 giugno 2014

Il primo consiglio targato Stranamore è già un pezzo di storia.




Due consigli comunali consecutivi, anche se a distanza di oltre otto mesi l’uno dall’altro, che scrivono la storia di Montegranaro. Il primo, quello della sfiducia a Gismondi, quello della storica interminabile arringa di Basso, la filippica contro il figlioccio prodigo, l’abbiamo archiviato con l’avvento del commissariamento numero due della storia cittadina (il primo, ricorderete, avvenne nel ’95 per la caduta di Di Battista). Il secondo è storia per una lunga serie di motivi:
  • la sinistra torna al potere dopo quindici lunghi anni, anche se, in questa sinistra, c’è una rilevante componente di destra, donde il nomignolo “stranamore” (ma non solo per quello);
  • Aronne Perugini risolve buona parte dei suoi problemi con la cervicale potendo finalmente guardare il pubblico di fronte e non più dal lato sinistro dell’emiciclo;
  • Endrio Ubaldi ritorna (a volte succede) a sedersi dov’era qualche anno fa, ma per guardare i suoi ex colleghi di maggioranza deve contorcersi verso destra;
  • Gastone Gismondi siede per la prima volta da consigliere di opposizione. Non ci è abituato e si vede. Ci vorrà un po’ per capire che non è più lui il sindaco;
  • Mauro Lucentini, invece, ha già sperimentato tutto: stare in maggioranza, all’opposizione, fare il consigliere semplice e il superassessore. E tutto nell’arco della sola scorsa consiliatura. Ora almeno dovrebbe avere un ruolo e uno solo, almeno così pare;
  • è la prima volta di un pentastellato a Montegranaro. C’è sempre una prima volta e di solito non si dimentica;
  • torna una donna a sedersi sulla sedia centrale (anche se sta scomoda e, a metà seduta, se la fa cambiare). Ancora una volta è espressione della sinistra;
  • assistiamo alla più lunga serie di ringraziamenti mai ascoltata da quelle parti, tanto che Basso, che in realtà non deve ringraziare nessuno, si adegua e ringrazia se stesso. Poi passa alle proposte indecenti;
  • l’opposizione dimentica totalmente la maggioranza, anzi, non se la fila proprio, e comincia a litigare con se stessa, ripartendo esattamente dallo stesso punto in cui ci eravamo lasciati a ottobre;
  • Graziano di Battista siede tra il pubblico in seconda fila: non era mai successo dal 1990. A un certo punto non resiste: si alza, fa per andare verso l’emiciclo, si riprende e lascia l’assise;
  • la sala è piena: la gente è attirata dall’odore del sangue e viene premiata dalle fiorettate tra i due ex sindaci presenti in consiglio;
  • il consiglio va in streaming, anche se va migliorato: a casa hanno visto e capito poco e non si vedevano né Gismondi né Lucentini (folle di fans deluse in lacrime). Soprattutto pare che non tutti abbiano capito bene cosa sia (o chi sia) ‘sto “striminghe”;
  • i microfoni funzionano: era dei tempi del compianto Delmaide che non accadeva.

A breve una nuova puntata. Probabilmente non sarà così avvincente, probabilmente non ci sarà lo stesso pubblico numeroso, caldo e accaldato.

Luca Craia